“Quando il Boss non telefona più” è il libro scritto dalla collega nonché caporedattrice di Roma Top News. Un libro inchiesta di notevole valenza sociale edito dalla casa editrice romana Alpes. Già un anno prima della pandemia, Valentina Roselli e la sua fonte Francesco Macrì hanno posto l’attenzione sulla soluzione all’entrata sotto banco dei cellulari nelle carceri. Un problema che si acuito durante la quarantena e che si potrebbe evitare grazie ad un un dispositivo sconosciuto ai più: il jammer.
Valentina cosa è il jammer e perché hai scritto questo libro?
Il jammer è un dispositivo elettronico che emette energia elettromagnetica e che impedisce le comunicazioni telefoniche di una specifica area e impedisce altresì l’esplosione di un ordigno. Sono stata contattata nel luglio del 2019 da un addetto ai lavori , Francesco Macrì che venti anni prima aveva cercato in tutti i modi di introdurre questo dispositivo nelle procure più calde per evitare attentati ai magistrati a rischio e successivamente nelle carceri, in special modo nei bracci dove scontavano i detenuti in regime di 41bis.Quindi non solo ho voluto raccontare la sua storia che dimostra per l’ennesima volta come non sia stato fatto il possibile per salvare i due magistrati Falcone e Borsellino, ma anche per spiegare come un dispositivo potrebbe risolvere un problema molto attuale, quello dei cellulari nelle carceri appunto.
Perché dici quanto hai detto su Falcone e Borsellino?
Perché Falcone già nel 1988 dopo il primo attentato, in uno dei suoi viaggi negli Usa a contatto con gli uomini dell’FBI, aveva avuto notizia di un dispositivo che non permetteva l’esplosioni di ordigni a distanza semplicemente applicandolo sull’auto dove viaggiava la persona tutelata. Negli Usa e non solo, lo si usava già da anni. Quando tornò in Italia Falcone chiese informazioni gli fu risposo che questo marchingegno poteva danneggiare la salute dei portatori di pacemaker, e lui uomo di grande responsabilità morale si tirò subito indietro.
E non era vero che avrebbe influito sui portatori di pacemaker?
No, Francesco Macrì negli anni in cui ha tentato di introdurre il jammer nelle carceri e nelle procure ha sempre portato argomenti molto validi, che vengono chiaramente esposti nel mio libro, ma è rimasto inascoltato. Dopo il danno alla salute, rimane il pretesto del costo troppo elevato, ma analizzando la storia di Macrì e quanto sta accadendo sembrano chiari pretesti
E’ di oggi la notizia di agenti penitenziari e imprenditori corrotti nella vendita di dispositivi che individuano cellulari in cella
Ecco bravissimo, questa notizia dice tutto. Il jammer eliminerebbe il problema alla radice perché inserito in un braccio carcerario, impedirebbe il funzionamento di qualsiasi cellulare e non si dovrebbero quindi più acquistare dispositivi per rilevare apparecchi telefonici. Niente più corruzione e appalti truccati. Ma a qualcuno forse va bene continuare così.
Nel tuo libro hai ribattuto punto su punto a coloro che oppongono obiezioni al dispositivo jammer. E’ servito?
Mi piacerebbe pensarlo o crederlo e invece mi limito a sperarlo. Vorrei ribadire che io ho svolto un lavoro di ricerca e narrazione ma le nozioni tecniche mi sono state fornite da Francesco Macrì esperto di sicurezza che ha pagato personalmente la grande disillusione di non essere ascoltato. Anche un’altra persona mi ha molto aiutato nella stesura di questo libro per tutte le questioni tecniche carcerarie, ma ha voluto mantenere l’anonimato. Chissà perché.