Per le vacanze di Natale a Roma si può fare di tutto ma una visita alla mostra di Klimt non è un passatempo è un vero regalo di Natale. A distanza di 110 anni dalla sua partecipazione all’Esposizione Internazionale d’Arte del 1911, Gustav Klimt torna in Italia e due grandi eventi espositivi celebrano il percorso artistico di uno dei più grandi esponenti della secessione viennese, sottolineandone rispettivamente la dimensione pubblica e privata.
La mostra si è aperta il 27 ottobre al Museo di Roma a Palazzo Braschi. Una mostra che ripercorre – con opere provenienti dal Belvedere di Vienna, dalla Klimt Foundation e da altre raccolte pubbliche e private – le tappe dell’intera parabola artistica di Gustav Klimt, il suo aspetto “pubblico”, e, oltre a presentarne il ruolo di cofondatore della Secessione viennese, per la prima volta indaga sul rapporto dell’artista con l’Italia, narrandoci dei suoi viaggi e dei suoi successi espositivi.
Klimt e L’Italia
Il nostro paese per il pittore austriaco fu fonte di grande ispirazione. Nel 1903 Klimt si recò due volte a Ravenna, dove conobbe lo sfarzo dei mosaici bizantini: l’oro musivo, eco dei lavori del padre e del fratello in oreficeria, gli suggerì un nuovo modo di trasfigurare la realtà e modulare le parti piatte e plastiche con passaggi tonali, dall’opaco al brillante. Fu dal connubio tra la ricchezza dei mosaici ravennati e i neonati Wiener Werkstätte (Laboratori Viennesi) ai quali l’artista si avvicinò tornato in patria che nacquero alcuni dei capolavori klimtiani più celebri, come Giuditta I (1901), il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907) e Il bacio (1907-08), tutte opere dove Klimt si presenta convertito all’oro di Bisanzio e che possiamo ammirare nella nostra a Palazzo Braschi.
È il dominio dell’oro che contraddistingue le tele del cosiddetto «periodo aureo» o «dorato» di Klimt, che è ormai prossimo ai quarant’anni. Altre peculiarità delle opere del periodo aureo sono la spiccata bidimensionalità del loro stile, che si arricchisce dando maggiore risalto al linearismo e alle campiture, l’impiego di pregnanti simbolismi e la prevalenza di figure femminili, che il pennello di Klimt ricolma di un armonioso erotismo.
La rassegna presenta anche una serie di sculture e dipinti di altri artisti
La rassegna – curata da Franz Smola, curatore del Belvedere, Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina ai Beni Culturali e Sandra Tretter, vicedirettore della Klimt Foundation di Vienna – presenta anche una selezione di dipinti e sculture di altri artisti, che supporta il racconto del periodo della Secessione viennese e dell’influsso di Klimt in Italia.
Ospite d’eccezione della mostra sarà Ritratto di Signora (1916-17), trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel 1997 e recuperato nel 2019.

L’esposizione offrirà al pubblico uno sguardo inedito e particolare sulla vicenda del grande artista viennese. Partendo dall’opera ritrovata della Galleria Ricci Oddi, la mostra si propone come scoperta di un “Klimt ritrovato” anche nella sua dimensione più intima e personale, fino ad ora sfuggente, restituendo attraverso opere e documenti lo spessore di una vicenda umana e artistica a un tempo.
La mostra di Roma, promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è co-prodotta da Arthemisia, che ne cura anche l’organizzazione, con Zètema Progetto Cultura, in collaborazione con il Belvedere Museum e in cooperazione con Klimt Foundation. Info e informazioni