E’ morta domenica notte, Silvia Tortora, la figlia del giornalista Enzo Tortora. Si è spenta all’età di 59 anni in una clinica romana. Giornalista televisiva e della carta stampata, aveva lavorato con Giovanni Minoli a ‘Mixer’ e per ‘La storia siamo noi’ e collaborato con il settimanale Epoca.
La carriera televisiva
Silvia era figlia del giornalista e conduttore televisivo Enzo Tortora e della sua seconda moglie Miranda Fantacci. Inizia la carriera televisiva con Giovanni Minoli a “Mixer” e dal 2004, sempre con Minoli, al programma “La storia siamo noi”. Realizza varie puntate riguardanti Mia Martini, Renato Vallanzasca, Il Terremoto a San Giuliano di Puglia, Francesco Totti, Vendute (storia di prostitute minorenni), C’era una volta Portobello, Corrado (il grande inventore della Corrida), La prima vittima (storia di Luigi Calabresi), e Non ci resta che Benigni (storia del comico toscano). A partire da giugno 2009 ha condotto Big insieme ad Annalisa Bruchi, in onda su Rai3.
Carta stampata
Ha lavorato al settimanale Epoca dal 1988 al 1997. Nel 1999 ha vinto il nastro d’argento al Festival di Taormina come “migliore soggetto cinematografico” con il film di Maurizio Zaccaro, ‘Un uomo perbene’. Nel 2002 ha curato il libro ‘Cara Silvia’, edito da Marsilio e nel 2006, sempre con Marsilio, ha pubblicato ‘Bambini cattivi’. Era sposata dal 1990 con l’attore francese Philippe Leroy, dal quale ha avuto due figli.
La vicenda giudiziaria del padre
In memoria dell’amato papà, Silvia Tortora per anni si dedicò anima e corpo a ripercorrere tutte le tappe del clamoroso e indegno “errore giudiziario” che rovinò per sempre la vita di Enzo Tortora. Si aspettava una riforma piena della giustizia affinché non potesse più accadere quanto avvenuto col padre. Considerato tra i padri fondatori della televisione in Italia, tra i suoi lavori più importanti in televisione vi sono la conduzione de La Domenica Sportiva e l’ideazione e conduzione del fortunato programma Portobello. Il suo nome è anche ricordato per un clamoroso caso di malagiustizia di cui fu vittima e che fu poi denominato “caso Tortora”. Tortora fu accusato di associazione camorristica e traffico di droga sulla base di accuse formulate da soggetti provenienti da contesti criminali. Il 17 giugno 1983 fu arrestato e imputato. Dopo sette mesi di reclusione fu liberato, ma il 17 settembre 1985 due pubblici ministeri ottennero la sua condanna a dieci anni di carcere. La sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando venne infine assolto dalla Corte d’appello di Napoli, con sentenza confermata dalla Corte di cassazione nel 1987. Durante questo periodo, Tortora fu eletto europarlamentare per il Partito Radicale, di cui divenne anche presidente. Tortora morì nel 1988, un anno dopo la sua definitiva assoluzione.