A lanciare il grido d’allarme i sindacati che rilasciano interviste al quotidiano Il Messaggero: gli infermieri laziali non reggono lo stress. Seicento sono già andati via alla fine del 2021 e altrettanti faranno la stessa cosa. I fuggiaschi hanno un’età che va dai 30 e i 50 anni e non riescono più a reggere la pressione. I loro stipendi più bassi rispetto al resto d’Europa, lo Stato che non ha dato l’indennità straordinaria Covid da 75 euro, turni massacranti, e aggressioni continue. A fronte di stipendi non alti ma dignitosi, siamo sui 1400 euro, e posizioni stabili queste persone non ce la fanno più.
Nel Lazio il personale paramedico è di circa 40mila iscritti all’ordine di categoria e prima ancora che arrivasse il Covid si avvertiva negli ospedali della regione, la carenza di personale.
Venerdì sciopero generale della categoria
La situazione è oggettivamente difficile, gli infermieri non hanno nessun supporto psicologico, devono affrontare un pandemia che comporta turni massacranti e affrontano ogni giorni il rischio del contagio. Solo nel mese di gennaio i contagiati tra il personale paramedico sono stati 3mila. Venerdì si terrà lo sciopero di categoria. Il settore si trova davanti a un paradosso i malati e la domanda di personale cresce ed è sempre più difficile trovare personale, e poiché la pandemia riguarda il mondo intero è molto difficile, rispetto al passato reclutare personale all’estero.
Come risolvere
Tra le soluzioni pensate dalla Regione per risolvere il problema quello di ripescare coloro, e sono circa un migliaio, che sono negli ultimi posti nella graduatoria stabilita dopo il concorso al Sant’Andrea. Altra soluzione un nuovo concorso indetto dall’Asl Roma2 un bando per reclutare altro personale, anche se non è sicuro che potrà risolvere. In ogni ospedale romano dal San Camillo al Tor Vergata, San Giovanni, Sant’Andrea o del Policlinico Umberto I. servirebbe almeno un migliaia di uomini e donne in più.
Andrea Bottega, leader del Nursind, al Messaggero dichiara “la situazione di Roma è lo specchio di quanto accade in tutta Italia. Ovunque la categoria è sempre più demotivata. Il nostro è un lavoro usurante e sottopagato: le buste paga degli infermieri pubblici sono sostanzialmente ferme: negli ultimi 13 anni abbiamo visto soltanto un aumento di 80 euro lordi al mese. Come si pensa di trattenere chi già svolge la professione e, nel contempo, di riuscire ad attrarre i giovani?“.