Nata in via Francesco Crispi, romana da sette generazioni per discendenza paterna, Monica Vitti aveva Roma dentro di sé e con i suoi personaggi l’ha portata in ogni suo film. Forse, anche nella trilogia di Antonioni dove la sua voce era centellinata e tutto era dramma ma allo stesso tempo disincanto, quel disincanto proprio della sua città.
Aria sorniona e voglia di non prendersi sul serio
Con Alberto Sordi e Anna Magnani è stata ambasciatrice della romanità nel mondo. Se Albertone era innanzitutto uomo, cinico e concedetecelo paraculo all’estremo, la Magnani passionale e ombrosa figlia dei tempi tragici di Roma, Monica vitti ha conosciuto la fama durante il boom economico e ha saputo incarnare la Roma arricchita dei palazzinari che ha voglia di ridere e tuffarsi (almeno apparentemente) nella modernità.
L’aria sorniona pigra da gatta stesa il sole ma pronta a graffiare e a tirar fuori tutta la sua vitalità non appena la si tocca nel modo sbagliato, o la si tocca semplicemente. La gatta Monica graffiava con la sua ironia e autoironia e l’aria di chi non ha certezze e mille dubbi e diffidenze ma anche mille risorse come la voglia di ridere, il sarcasmo inteso come leggerezza per vivere meglio, insomma l’essenza della vera romanità.
I personaggi più romani dei suoi film
Come non citare per prima la famosa Dea Adami, la stellina protagonista di Polvere di Stelle del 1973, girato con Alberto Sordi. Una soubrette che tenta di sbarcare il lunario con una compagnia di varietà nella Roma occupata del 1943 che lascia la devastata capitale per una tournée in Abruzzo. Viaggi nei vagoni merci, disillusioni, miseria, compromessi e sventure non fiaccano certo la vitalità dell’Adami che continua sempre a sperare in tempi migliori con allegria scanzonata e aspettative senza abbattimenti, nella svolta del destino.
Abbiamo poi Raffaella la moglie del ragionevole direttore di banca interpretato da Alberto Sordi che innamorata di un altro chiede aiuto al marito in Amore Mio aiutami, film che resta nella storia del cinema per la scena finale con gli schiaffoni assestati da Alberto Sordi alla povera Vitti-Raffaella tra le dune di una spiaggia di Sabaudia. Scena improponibile e altamente diseducativa direte, ma al tempo rivelò come la romanità refrattaria alla troppa filosofia, anche nel redimere questioni spinose prende il sopravvento su qualsiasi velleità di affrancarsene tramite la posizione sociale.
Tosca di Gigi Magni
E qui la voglia di ridere un po’ passa. La Tosca interpretata dalla Vitti per Gigi Magni a fianco di Gigi Proietti nel 1973, ha poca voglia di stare allegra. La povera Tosca perde l’amato caduto nelle grinfie di un barone attratto dalle sue grazie, in una trama tormentata e tristissima viene comunque fuori un altro tratto distintivo dei romani: la diffidenza nei confronti del potere e dei potenti. L’innata indole a non farsi ‘cojonare’, la stessa che prova Tosca e che è insita in tutti i romani che hanno inventato e subito il potere da millenni.
Dopo questo excursus la mente torna all’immagine di Alberto Sordi e Monica Vitti insieme e viene da pensare che senza di loro, scomparsi a nove anni di distanza l’uno dall’altro, Roma ha perso un posto in prima fila nel cinema italiano.