Anche a Roma l’aumento dei prezzi si fa sentire. I dati Istati sull’inflazione mettono nero su bianco le conseguenze economiche post-Covid, che rispecchiano poi le condizioni mondiali, dove chi è ricco diventa sempre più ricco e viceversa.
L’aumento grava principalmente sui prodotti alimentari in particolar modo su frutta e verdura secondo i dati del Centro agroalimentare romano che rileva come il costo di alcuni frutti, ad esempio le pere, sia aumentato del 35% rispetto al 2021. Con le pere anche spinaci e cicoria sono aumentati mentre i finocchi hanno avuto un incremento par al +230%. Nel centro ingrosso dei generi alimentari romani, si registrano fortunatamente anche alcuni abbassamenti di prezzo e prezzi invariati per alcuni prodotti della terra.
Dati Istat
Secondo i dati Istati i prezzi rispetto al 2021 a Roma sono cresciuti del 3,9%. Una percentuale leggermente più alta rispetto ad altre città italiane. Un aumento dovuto anche all’aumento delle materia prime come il prezzo del carburante, e alle gelate invernali.
Sono rincarati anche i prezzi di ristoranti, negozi, attività di intrattenimento, sempre a causa del costo della materia prime, come il già citato caro carburante, il lievitare delle bollette energetiche, che hanno sicuramente un’influenza negativa sui costi delle aziende così e conseguentemente sui prezzi praticati ai consumatori.
Molte le proteste inviate all’associazione all’ Associazione Nazionale Consumatori da parte dei clienti romani che segnalano aumenti incredibili, come nel caso del caffè al banco aumentato dell’80% rispetto a due anni fa.
Dati Fiepet
La Fiepet (la Federazione italiana esercenti pubblici e turistici della Confesercenti) conferma che il 15% dei bar romani ha già aumentato il prezzo del caffè e altrettanto vogliono fare gli altri bar. Aumento che coincide con la diminuzione del consumo di caffè nei bar a causa della pandemia, creando un circolo vizioso dal quale potrebbe essere molto difficile uscire.
Ancora Fiepet spiega i rincari dei ristoranti con l’impennata delle materie prime del settore ortofrutticolo. Se i gestori non aumentano i prezzi rischiano realmente di chiudere le loro attività. Una filiera del rincaro che penalizza come ultimo anello della catena il consumatore finale.