Un elmo di 2.400 anni, scoperto nel 1930, ha svelato finalmente il suo segreto . Il reperto è esposto nelle sale del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Così gli scienziati hanno appreso che il copricapo fu indossato da ‘Harnste’, forse un guerriero originario di Perugia, oppure da un rivale ucciso su un ignoto campo di battaglia, che se lo portò con sé in una tomba a Vulci (Viterbo).
Da Perugia a Vulci
Non si sa come sia arrivato a Vulci dove, qualche anno più tardi, cambia proprietario. Secondo i riti funerari etruschi, l’ultimo proprietario si è portato l’elmo nella tomba insieme a tutto il suo ricco corredo. E dopo 90 anni dal ritrovamento, la storia dei due proprietari venne svelata dall’iscrizione interna. “Una storia rimasta nascosta sotto gli occhi di tutti racconta all’ANSA, l’etruscologo Valentino Nizzo, direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Perché la magia e anche il paradosso di questa scoperta, racconta, è che sia avvenuta proprio all’interno del museo, dove l’elmo in questione era esposto in vetrina già dal 1935. Solo che nessuno aveva notato quanto era stato inciso al suo interno, un particolare che peraltro rende questo reperto estremamente importante e raro, visto che in tutto il mondo , se si eccettua un deposito rituale di 150 elmi scoperto a Vetulonia all’inizio del ‘900 con almeno 60 esemplari tutti contraddistinti dal medesimo nome gentilizio sono circa una decina le armi di questo tipo documentate in ambito etrusco e italico tra il VI e il III secolo a.C.
Scoperto grazie ad un processo di digitalizzazione
Nel 2019, una richiesta di studio per la digitalizzazione 3d di armi antiche condotta da una équipe neozelandese ha portato alla scoperta dell’iscrizione. Il dipendente incaricato di prelevare l’elmo ha notato qualcosa e ha allertato il direttore. Ulteriori controlli svelano che l’iscrizione “harn ste” non risultava registrata da nessuna parte. Il motivo per il quale non sia stata notata fino ad allora rimane un mistero. Gli scavi, avviati nel 1928 da Ugo Ferraguti e Raniero Mengarelli, erano stati condotti con estrema cura usando un metodo scientifico dopo anni di saccheggi indiscriminati.
Indica il nome della città di provenienza
Dopo la scoperta grafica, l’interpretazione del significato è attribuita all’etruscologo Nizzo. L’ipotesi, oggetto di un articolo scientifico per Sicilia Antiqua che Nizzo ha dedicato al maestro Mario Torelli recentemente scomparso, è che si tratti di un gentilizio derivato da un toponimo, ovvero un nome che indica la città di provenienza della persona, e che il luogo in questione fosse l’antica Aharnam con tutta probabilità l’attuale Civitella d’Arna, una località a pochi chilometri da Perugia, citata anche da Tito Livio come sede dell’accampamento del pretore Appio, poco prima della battaglia di Sentino (295 a.C) durante la terza guerra sannitica.
La storia
L’elmo del museo di Villa Giulia appartiene ad un’ epoca di poco precedente, le guerre sannitiche non erano ancora cominciate, ma da nord a sud la conflittualità nella penisola era altissima. Finito il momento dei piccoli eserciti armati da singole famiglie si apriva l’epoca dei mercenari, soldati di mestiere disposti anche a spostarsi ‘per lavoro’. Da qui il nome inciso sotto l’imbottitura dell’elmo per attestarne la proprietà e chissà forse anche come sbrigativo biglietto da visita per presentarsi a qualcuno con il quale non si condivideva appieno la lingua. Il proprietario potrebbe quindi essere stato un soldato mercenario che da Civitella d’Arna si era spostato a Vulci per necessità legate al suo mestiere di guerriero, integrandosi quindi nella nuova comunità. Ma è anche possibile e forse addirittura più probabile, che i proprietari di questo copricapo siano stati in realtà due. E che l’elmo sia passato di mano, magari dopo la sconfitta in battaglia del primo soldato, per entrare in possesso di un secondo militare, un cittadino di Vulci che non aveva ritenuto necessario cancellare l’intestazione interna o semplicemente non l’aveva vista, perché coperta dall’ imbottitura in tessuto.